The Acolyte, un anno dopo: Leslye Headland rivela: mi sono ispirata a George Lucas

Giorgio Fabrizi
Giorgio Fabrizi
Fondatore e Editor-in-Chief di Galaxy Addicted e admin di Star Wars Fans Italia, il gruppo Facebook a tema Star Wars più grande d'Italia. Amante della Galassia Lontana Lontana, nonché collezionista compulsivo di giocattoli di Guerre Stellari.

Esattamente un anno fa, The Acolyte debuttava su Disney+. La serie, divenuta una delle più divisive degli ultimi anni, ha saputo distinguersi non solo per la sua ambientazione cronologicamente lontana dalle vicende principali della saga — circa cento anni prima di La Minaccia Fantasma — ma anche per l’approccio visivo che omaggia in modo diretto la visione originaria di George Lucas.

Un tributo alla grammatica visiva di Star Wars

Intervistata da Gold Derby, La showrunner Leslye Headland ha raccontato come l’ispirazione primaria per la costruzione dell’estetica di The Acolyte sia stata proprio l’opera originale del 1977. “Abbiamo voluto rispettare il modo in cui George ha scelto di girare il primo Star Wars“, ha spiegato, sottolineando come l’influenza del documentarismo e dei film di corse automobilistiche abbia contribuito alla decisione di utilizzare camere fisse e movimenti misurati, evitando un’estetica troppo moderna o distante dall’identità storica della saga.

Per tradurre in immagini questa visione, Headland si è affidata al direttore della fotografia Chris Teague, con cui aveva già collaborato in Russian Doll. I due, entrambi residenti a Brooklyn, hanno iniziato a lavorare allo stile visivo della serie con una lunga passeggiata a Prospect Park, durante la quale Headland ha condiviso le sue fonti d’ispirazione: non solo Star Wars, ma anche il cinema wuxia e l’impatto fotografico di pellicole come Black Narcissus.

Teague ha definito l’approccio come una ricerca di “elegante semplicità”, uno stile che evocasse l’essenzialità narrativa dei primi film di Lucas. Le parole chiave della produzione sono state: coerenza, essenzialità, e significato. “Se muoviamo la camera, deve avere uno scopo”, ha affermato. Ogni scelta visiva doveva sottolineare un aspetto narrativo o relazionarsi con la coreografia dei combattimenti.

Colori, set pratici e l’importanza dell’artigianalità

Uno dei segni distintivi di The Acolyte è la sua tavolozza cromatica intensa, ispirata al cinema orientale e al classicismo visivo di Powell e Pressburger. Teague ha lavorato con una gamma cromatica limitata, privilegiando colori primari e secondari — aranci, blu profondi, verdi scuri — per mantenere una coerenza visiva che rendesse ogni inquadratura immediatamente riconoscibile.

A livello produttivo, Headland ha voluto fare una scelta radicale: girare quasi tutte le scene su set pratici, evitando l’uso massiccio del green screen tipico di altre serie di Star Wars. “Per me, Star Wars non è DuneGame of Thrones“, ha dichiarato. “Star Wars è Star Wars. Deve sembrare reale per i personaggi, ma non deve cercare di essere troppo realistico.” Questo ha comportato un ritorno alla tradizione: uso estensivo di scenografie fisiche, pupazzi e animatronica.

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Una delle sfide più complesse è stata rappresentata dal gigantesco set della foresta di Khofar, il più grande mai illuminato da Teague. Ricreare l’illusione di una distesa infinita di alberi in un magazzino vuoto ha richiesto ingegno, tecnica e una buona dose di esperienza maturata nel cinema indipendente. L’intero lavoro si è basato sull’adattabilità: angolazioni ingegnose, riutilizzo intelligente degli spazi e una gestione sapiente delle luci per conferire profondità e dinamismo.

L’azione e la narrazione al centro

Nei combattimenti più intensi — soprattutto negli episodi quattro e cinque — Teague e Headland hanno lavorato fianco a fianco per evitare che l’azione risultasse fine a sé stessa. Ogni scontro è stato progettato per servire lo sviluppo della trama e dei personaggi, senza eccedere in virtuosismi. Le sequenze sono state prima coreografate, poi adattate sul set per mantenere la coerenza con il significato narrativo della scena. In alcuni casi, è stato utilizzato il motion capture per pre-visualizzare le scene e comprendere al meglio gli spazi in cui inserire la macchina da presa e le fonti luminose.

La sfida tecnica si è estesa anche a scene non d’azione, come l’intero episodio quattro, in cui la progressione del tramonto ha un ruolo centrale nel climax. Teague ha ricreato un ciclo realistico di luce solare per accompagnare l’avanzare della storia.

Un anno dopo, un’eredità viva

A dodici mesi dalla sua uscita, The Acolyte si conferma come una delle opere televisive più ambiziose e personali dell’era Disney di Star Wars, nonostante l’accoglienza incerta da parte di fan e critica. Headland ha dichiarato di sentirsi pienamente soddisfatta del risultato: “Sapevamo che questa poteva essere la nostra unica occasione. Quindi abbiamo messo tutto quello che avevamo. Se sei stato invitato nella casa che George ha costruito, devi solo essere grato di esserci, senza pensare a quando ci tornerai.”

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