Il nuovo film dedicato a Superman, firmato da James Gunn, non ha suscitato solo entusiasmo per il ritorno sul grande schermo dell’eroe simbolo della DC, ma ha anche alimentato un intenso dibattito sul suo messaggio politico. Alcuni parallelismi individuati tra la trama della pellicola e il conflitto tra Israele e Palestina hanno spinto parte della critica e del pubblico a interrogarsi sul significato geopolitico della storia, riaccendendo discussioni che travalicano i confini del cinema.
Una trama che evoca scenari geopolitici
Nel film, il paese immaginario di Boravia, alleato degli Stati Uniti, invade la nazione vicina Jarhanpur, meno sviluppata e ostile agli interessi americani, con il pretesto di liberarla da un regime oppressivo. A fronte dell’escalation militare, Superman interviene distruggendo armi e mezzi bellici, per poi confrontarsi direttamente con il presidente boraviano, Vasil Ghurkos (interpretato da Zlatko Burić), tentando di convincerlo a interrompere il conflitto.
Una frase pronunciata dal protagonista – “Il fatto che Jarhanpur possa essere un paese imperfetto non dà ad altra nazione il diritto di invaderla” – ha attirato particolare attenzione. Molti spettatori hanno visto in queste parole un rimando alla situazione in Medio Oriente, soprattutto alla luce degli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 e delle conseguenti tensioni tra Israele e Palestina.
James Gunn respinge i parallelismi diretti
Interpellato sul tema, James Gunn ha respinto l’idea che la pellicola fosse una metafora diretta del conflitto israelo-palestinese. In un’intervista rilasciata a The Times of London, il regista ha chiarito che la sceneggiatura era stata completata già a maggio 2023, diversi mesi prima delle offensive di Hamas.
“Quando ho scritto questa storia, il conflitto in Medio Oriente non era ancora avvenuto. Ho cercato di distanziarmi da quella realtà, anche se la dinamica tra Boravia e Jarhanpur rappresenta un’invasione di un paese debole da parte di una nazione più potente governata da un dittatore. È una narrazione puramente fittizia”, ha spiegato Gunn.
L’autore e le interpretazioni del pubblico
Il regista ha inoltre affrontato il tema delle interpretazioni, richiamando la teoria letteraria nota come “La morte dell’autore” (The Death of the Author), elaborata dal critico francese Roland Barthes nel 1967. Secondo questa prospettiva, il significato di un’opera non dipende dalle intenzioni dell’autore, ma dalle percezioni e dalle letture del pubblico.
In quest’ottica, anche se Gunn non intendeva commentare conflitti reali, il film può comunque assumere significati politici agli occhi degli spettatori. Questo meccanismo di attribuzione di senso non è nuovo nella storia di Superman, personaggio che fin dalle sue origini è stato utilizzato come strumento simbolico per riflettere su temi sociali, etici e politici.
Un dibattito che va oltre il film
L’eco suscitata dalla pellicola dimostra come i contenuti di un cinecomic possano essere interpretati alla luce degli eventi del presente. Alcuni analisti sottolineano che il semplice inserimento di tematiche legate alla guerra e alla politica internazionale rischia inevitabilmente di evocare scenari reali, anche senza un intento esplicito.
Superman, con i suoi quasi novant’anni di storia editoriale, è sempre stato più di un semplice supereroe: un simbolo universale, capace di incarnare ideali di giustizia e speranza, ma anche di riflettere le paure e le tensioni delle diverse epoche. Gunn, con il suo approccio, ha dimostrato come un’opera cinematografica possa assumere significati multipli e mutevoli, spesso indipendenti dalle intenzioni originarie.
In definitiva, sebbene James Gunn abbia ribadito che Superman non sia stato scritto come risposta diretta al conflitto israelo-palestinese, la pellicola continua a essere letta attraverso le lenti della contemporaneità. La distanza tra ciò che un autore intende raccontare e ciò che il pubblico percepisce resta uno dei nodi centrali non solo del cinema, ma di tutta la produzione artistica moderna.
Fonte: Screen Rant

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